Capitolo di M. Mercvrio Spetioli da Fermo |
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Chapter by Mr. Mercurio Spetioli of Fermo |
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Full title |
Capitolo di M. Mercvrio Spetioli da Fermo, nel quale si mostra il modo di saper bene schermire, & caualcare |
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Author(s) |
Mercurio Spezioli |
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Dedicated to |
Giacobo Boncomagno, Marquis of Vignola |
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Place of origin |
Bologna, Italy |
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Language |
Italian |
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Genre(s) |
Fencing manual |
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Publisher |
Giovanni Rossi |
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Publication date |
1577 |
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Pages |
24 |
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Treatise scans |
Digital scans (1577) |
Capitolo di M. Mercvrio Spetioli da Fermo, nel quale si mostra il modo di saper bene schermire, & caualcare ("Chapter by Mr. Mercurio Spetioli of Fermo, which demonstrates the method of learning to fence well, and ride") is an Italian fencing manual written by Mercurio Spezioli and published in 1577. It treats the use of the side sword, both single and with secondary weapons, after the Bolognese fashion.
Publication History
Capitolo di M. Mercvrio Spetioli da Fermo was published in Bologna in 1577 by Giovanni Rossi.
Treatise
Translation
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Transcription by User:Stefan_Feichtinger
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CAPITOLO
DI M. MERCVRIO
SPETIOLI DA FERMO,
Nel quale si mostra il modo di saper bene
Schermire, & Caualcare.
All’ Illustriß.mo et Eccellentiß.mo S.GIACOBO
BONCAMPAGNO Marchese di
Vignola, et Generale
Gouernatore di
S.Chiesa.
IN BOLOGNA.
Per Giouanni Rossi MDLXXVII.
Con licentia de’ Superiori.
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ILLUSTRISS. ET ECCELLENTISS.
Signore, & Padron mio sempre
Colendissimo.
ESSENDO io in Perugia già dui anni sono, doue era
anco M. Mercurio Spetiolo F. M. mio amicissimo
egli compose il seguente Capitolo, del modo di
Schermire, & Caualcare, & auanti ch’io mi partissi
di là hauendolo à pena finito, mi fauorì di darmene
copia; hora essendo piaciuto à N. S. Dio chiamarlo à
sè hò giudicato ben fatto di publicare al mondo
questa sua fatica, si per benefitio di chi si diletta di
tali Virtù, si anco per mantener viuo in quella parte
che posso il nome di cosi Virtuoso, & caro amico. Et
perche egli da quel tempo in quà è vissuto al seruitio
di V. S. Illustriss. & Eccellentis. esercitando le
sudette Virtù à lei m’è parso conueniente il
presentarlo, & con questa occasione farle anco dono
di me stesso, assicurandomi che si come il mare
amplissimo d’acque non sisdegna accettar nel suo
seno ogni Fiumicello per piccolo che sia, cosi lei nõ
sdegnarà me per suo humiliss. Seruo ne hauerà
discaro ch’io riuerente ammiri, & osserui le tante, &
supreme Virtù, & doni di che l’hà ornata il Cielo,
con che cõ ogni riuerenza le bascio le mani,
pregando N. S. Dio che le conceda ogni felicità.
Di V. S. Illustriss. & Eccellentiss.
Humiliss. Ser.
Pietr’Antonio Cattaldi.
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C A P I T O L O
DI SCHERMIRE, ET CAVALCARE.
SIGNOR mio car la subita partita,
Ch’hauete fatta qui da San Marino;
Hà tutta trauagliata la mia vita.
Tal ch’io rimaso son qual pouerino,
Che per l’amor di Dio và domandando,
A questa Porta, e à quella il Pane, e’l Vino.
Donde col mio pensier tanto girando
Son capitato al Fonte d’Helicona.
Doue le Muse al fin m’han tolto il brando.
E ciascuna m’ha preso per la chioma,
Et detto m’hanno ci voglian chiarire
Se la tua arte d’arme è trista, ò buona:
Non sperar mai di qui poter partire,
Se prima non ci fai chiaro, et aperto,
In che consista l’arte del Scrimire;
Ma se ciò tu farai, noi à te per merto
Ti concediam, che poßi à spasso andare
Per ogni nostro luogo, ò in piano, ò in erto;
Senza Gabella alcuna mai pagare,
E vogliam ch’ogni cosa che dirai:
Non l’habbia alcun de nostri à sindicare.
A 2 A tal
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A tal che ‘tra me stesso guidicai
Che meglio era per mè d’ vscir d’impaccio
Ond’in cotal parole incominciai
Muse gentil poi che in ciò vi compiaccio
Sedete qui d’intorno in queste’herbette
Mentre io da Marte il fauor mi procaccio
Pregate anco voi Apollo ch’interdette
Non mi sian le parol potere vsare
Come verran, ò sian turbide, ò nette
Quel ch’io vo dire,ogn’vn habbia à notare,
Che questo d’arme nobile esercitio,
Sol per due cose al mondo si dee fare;
Una sia per honor, et non vitio,
Per vtil l’altra, dal prima deriua
La gloria, et l’altra à ogn’vn fà più seruitio.
Questo da prima, ch’in Roma fioriua,
Mestier di guerra, ch’ognuno imparaua
Quel ch’ad buon soldato conueniua.
Offender, et difender lo chiamaua,
Ma l’vn far senza l’altro non è buono;
Però chi più lo fea più dominaua.
Hora per imparar queste, che sono
Di tanto giouamento, si richiede
Quattro cose, ma pria che’l cuor sia buono
Iudicio, buon occhio, man, et buon piede,
Et far che l’occhio al giuditio obedisca,
La man pò all’occhio, et alla man po' il piede:
Cosi
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Cosi facendo, non fia chi fallisca,
Et non fallendo, non potrà giamai
Dar tempo al suo nemico, che’l ferisca.
Hora di tutte l’arme intenderai,
La sustantia con che si suol ferire
Cioè taglio, falso, e punta, se nol sai.
Il taglio esser la parte si suol dire
De l’armi che sta volta verso i nodi
Del mezzo delle dita à non mentire.
Il falso è quella parte, che in più modi
In vano si ferisce, et stà riposta
Tra’l police, e tra l’indice più sodi.
La punta sempre in cima stà nascosta
Con che l’huomo dee far solo l’offesa
O sia la vita appreßo, ò sia discosta.
Col taglio, e il falso si fa la difesa,
Col taglio dalle parti più soprane,
Col falso quando fan le botte scesa.
E per non dir qualche parole vane
Solo in dui lati si potrà ferire
Di dritto, e di rouerso d’ambe mane.
Eßer di dritto quello si dee dire
Che suol principiar dal destro lato
Di chi lo fà non importa il finire.
Il ferir di rouerso muta stato
Principiando sempre da man manca
Di chi lo fa, ma tante d’ogni lato.
Botte
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