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Transcription by User:Stefan_Feichtinger
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[p. 1] CAPITOLO
DI M. MERCVRIO
SPETIOLI DA FERMO,
Nel quale si mostra il modo di saper bene
Schermire, & Caualcare.
All’ Illustriß.mo et Eccellentiß.mo S.GIACOBO
BONCAMPAGNO Marchese di
Vignola, et Generale
Gouernatore di
S.Chiesa.
IN BOLOGNA.
Per Giouanni Rossi MDLXXVII.
Con licentia de’ Superiori.
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[p. 2] ILLUSTRISS. ET ECCELLENTISS.
Signore, & Padron mio sempre
Colendissimo.
ESSENDO io in Perugia già dui anni sono, doue era
anco M. Mercurio Spetiolo F. M. mio amicissimo
egli compose il seguente Capitolo, del modo di
Schermire, & Caualcare, & auanti ch’io mi partissi
di là hauendolo à pena finito, mi fauorì di darmene
copia; hora essendo piaciuto à N. S. Dio chiamarlo à
sè hò giudicato ben fatto di publicare al mondo
questa sua fatica, si per benefitio di chi si diletta di
tali Virtù, si anco per mantener viuo in quella parte
che posso il nome di cosi Virtuoso, & caro amico. Et
perche egli da quel tempo in quà è vissuto al seruitio
di V. S. Illustriss. & Eccellentis. esercitando le
sudette Virtù à lei m’è parso conueniente il
presentarlo, & con questa occasione farle anco dono
di me stesso, assicurandomi che si come il mare
amplissimo d’acque non sisdegna accettar nel suo
seno ogni Fiumicello per piccolo che sia, cosi lei nõ
sdegnarà me per suo humiliss. Seruo ne hauerà
discaro ch’io riuerente ammiri, & osserui le tante, &
supreme Virtù, & doni di che l’hà ornata il Cielo,
con che cõ ogni riuerenza le bascio le mani,
pregando N. S. Dio che le conceda ogni felicità.
Di V. S. Illustriss. & Eccellentiss.
Humiliss. Ser.
Pietr’Antonio Cattaldi.
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[p. 3] C A P I T O L O
DI SCHERMIRE, ET CAVALCARE.
SIGNOR mio car la subita partita,
Ch’hauete fatta qui da San Marino;
Hà tutta trauagliata la mia vita.
Tal ch’io rimaso son qual pouerino,
Che per l’amor di Dio và domandando,
A questa Porta, e à quella il Pane, e’l Vino.
Donde col mio pensier tanto girando
Son capitato al Fonte d’Helicona.
Doue le Muse al fin m’han tolto il brando.
E ciascuna m’ha preso per la chioma,
Et detto m’hanno ci voglian chiarire
Se la tua arte d’arme è trista, ò buona:
Non sperar mai di qui poter partire,
Se prima non ci fai chiaro, et aperto,
In che consista l’arte del Scrimire;
Ma se ciò tu farai, noi à te per merto
Ti concediam, che poßi à spasso andare
Per ogni nostro luogo, ò in piano, ò in erto;
Senza Gabella alcuna mai pagare,
E vogliam ch’ogni cosa che dirai:
Non l’habbia alcun de nostri à sindicare.
A 2 A tal
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[p. 4] A tal che ‘tra me stesso guidicai
Che meglio era per mè d’ vscir d’impaccio
Ond’in cotal parole incominciai
Muse gentil poi che in ciò vi compiaccio
Sedete qui d’intorno in queste’herbette
Mentre io da Marte il fauor mi procaccio
Pregate anco voi Apollo ch’interdette
Non mi sian le parol potere vsare
Come verran, ò sian turbide, ò nette
Quel ch’io vo dire,ogn’vn habbia à notare,
Che questo d’arme nobile esercitio,
Sol per due cose al mondo si dee fare;
Una sia per honor, et non vitio,
Per vtil l’altra, dal prima deriua
La gloria, et l’altra à ogn’vn fà più seruitio.
Questo da prima, ch’in Roma fioriua,
Mestier di guerra, ch’ognuno imparaua
Quel ch’ad buon soldato conueniua.
Offender, et difender lo chiamaua,
Ma l’vn far senza l’altro non è buono;
Però chi più lo fea più dominaua.
Hora per imparar queste, che sono
Di tanto giouamento, si richiede
Quattro cose, ma pria che’l cuor sia buono
Iudicio, buon occhio, man, et buon piede,
Et far che l’occhio al giuditio obedisca,
La man pò all’occhio, et alla man po' il piede:
Cosi
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[p. 5] Cosi facendo, non fia chi fallisca,
Et non fallendo, non potrà giamai
Dar tempo al suo nemico, che’l ferisca.
Hora di tutte l’arme intenderai,
La sustantia con che si suol ferire
Cioè taglio, falso, e punta, se nol sai.
Il taglio esser la parte si suol dire
De l’armi che sta volta verso i nodi
Del mezzo delle dita à non mentire.
Il falso è quella parte, che in più modi
In vano si ferisce, et stà riposta
Tra’l police, e tra l’indice più sodi.
La punta sempre in cima stà nascosta
Con che l’huomo dee far solo l’offesa
O sia la vita appreßo, ò sia discosta.
Col taglio, e il falso si fa la difesa,
Col taglio dalle parti più soprane,
Col falso quando fan le botte scesa.
E per non dir qualche parole vane
Solo in dui lati si potrà ferire
Di dritto, e di rouerso d’ambe mane.
Eßer di dritto quello si dee dire
Che suol principiar dal destro lato
Di chi lo fà non importa il finire.
Il ferir di rouerso muta stato
Principiando sempre da man manca
Di chi lo fa, ma tante d’ogni lato.
Botte
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[p. 6] Botte si fan, che di nulla non manca
Con punta, taglio, et con il falso ancora
Con la man destra, ò sia con la man manca.
Il di dritto ferir vò dirui hor hora
Offender anco di dentro si chiama
Quel di rouerso l’offender di fuora.
Hor do principio all’honorata trama
Dicendo che col taglio si pon fare
Dodici botte, et che queste si chiama.
Man dritto, sbiaßio, et dee principiare
Dell’auuersario nella spalla stanca
Et al ginocchio dritto terminare
Man dritto tondo pur dalla man manca
Và del nimico, et finisce alla dritta
Spalla di quello; vn’altro ce ne manca
Dritto fendente, che vien da man dritta
Per mezzo della testa, et tra li piedi
Dello nemico vien per linea dritta.
Montan di dritto sbiaßio nascer vedi
Dell’auuersario dal ginocchio stanco
Montando poi la parte dritta fiede
Vn’altro ve n’è poi che si dice anco
Montan dritto fendente, qual si fa
Pur da man destra, et l’vno et l’altro fianco,
Da i piè venendo alla testa sen, và
Poi il tramazzon di dritto si suol fare
Attendete hora qui come si fa
Di man
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[p. 7] Di man dritto fendente suol calare
Verso la terra, et poi di falso in su
Di rouerso di sbiascio, et poi à mancare.
Vien di rouerso sbiascio verso in giù
Mirate ben perche quest’è migliore
Dell’altre botte, et anco è vtil più.
Hor vò veder se ponto mi da il cuore
Di dir l’altre sei botte di riuerso
Che dal contrario vien dentro, il di fuore
Et si fa pur di sbiaßio vno rouerso
Che dalla dritta spalla del nemico
Principia, et và verso il ginocchio aduerso.
Si fa vn rouerso tondo il qual vi dico
Che da man dritta suol principiare
Terminando à man manca, et poi ridico
Che chi il rouerso fendente vuol fare,
Per mezzo della testa al dritto stile;
Ma pur di fuor conuien principiare,
Se non che l’vno, e l’altro del simile
Terrian nel far, ne differenza alcuna
Saria tra lor, fan moto consimile.
Montan rouerso sbiaßio vien da l’vna
Delle dritte ginocchia del contrario
Salendo à parte stanca in ver la Luna.
Montan fendente di fuor poco, e vario:
Perche comincia baßo, et poi và dritto,
Per mezz’il viso del contr’aduersario
Il
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[p. 8] Il tramazzon riuerso se ben scritto
Et fatto meglio poi sarà con l’arte
Col tempo l’un, e l’altro fan profitto.
Col taglio retto calasi alla parte
Vicina al piede, et poi di falso dritto
Sbiassio si monta, alla pur dritta parte
Facendo anco di sbiassio il suo man dritto
E perche questi ancor siano migliori
Voltisi il pugno, et lo braccio stia fitto.
Con questi si di dentro, et si di fuori
Se ne piglia il vantaggio dal qual poi
eNe vien gran frutti, se questi son fiori.
Dunque sonore Muse pare à voi.
Ch’habbiamo satisfatto alla proposta
Che dal principio fù già fatta a noi.
Et che gir ne possiamo à nostra posta
A ritrouar colei dal ner vestito
Qual tanto tempo ci è stata discosta
Calliopè posesi alla bocca il dito
Et diße poi à Tersicore, e à Thalia
O sian burlate, ò costui è stordito
Non si ricorda nella nella diceria
Fattaci’pria hauerci nominate
Il taglio, e’l falso con la punta ria.
Ond’io perdon chiedendo ingenochiato
Dißi che questo procedea da Amore
Che sol pensando in lui m’era scordato:
Et
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[p. 9] Et volendo allegar per autore
Della sacra scrittura quel bel paßo
Che mal si serue à piu d’vno Signore;
Dissero in bisbiglio con tuon baßo
Perdoniamo à costui con patto tale
Ch’egli ritorni al derelitto paßo,
Et che per penitenza di tal male
Creanza vsata, con gran giuramento
Lo facciamo obbligar in modo tale;
Che per l’adietro egli ogni auuertimento
Che sia importante in questa nobil arte
Farci in verso palese sia contento.
Tal ch’io piangendo trattomi da parte
Ne sapendo rimedio alcun pigliare
Sol mi ricomandauo allo Dio Marte.
Pregandol che mi fesse perdonare
(Promettendo per me) l’error commeßo
Che quanto à lor piacea volea oßeruare
Ond’egli vscito da quel cauo fesso
Della fucina del fabro Vulcano
Venere hauendo, et Cupido con esso.
Tutti tre mi pigliarono per mano
Et mi condußer doue eran le Muse
Al dolce mormorio suaue, et piano.
Allegando per me debite scuse
Venere bella, et suo figliuol Cupido
Restanodo tutte intente a bocche chiuse
B Dicen-
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[p. 10] Dicendo questo è quel seruo sì fido Del caro amante mio qual già molt’anni
L’hà seguitato per monte, et per lido.
Et s’io col mio figliuolo i primi vanni
Non li tarpauo già saria salito
Per l’opre sue vicino à gl’alti scanni.
Per le cui questo fatto tanto ardito
Voluto hà contrastar con mio figliolo
Per cinque lustri, e il sesto non finito.
Oprando l’arte di difesa solo
In tempo tal, et si saria difeso
Ancor di più, ond’io sdegnata il volo.
Feci drizzar à i dolci cigni, et teso
Ch’io gl’hebbi de capelli vn laccio carco
Mi ritirai, et viddi star sospeso
Cupido in man tenendo i Strali, e l’Arco
Fingendo di ferirlo hor alto, hor baßo
Hor dentro, hor fuor, ne mai trouaua il varco.
Perche costui s’era fermo con paßo
Non longo, o largo, et solo intento staua
Di non errar, et s’enpigliaua [s]passo.
Hor mentre il mio figliuol tondo il giraua
Et questo sol girando vn de suoi piedi
Diede nel laccio che nascosto staua.
E inuiluppato cadde, et io ti credi
Li dissi di poter meco contendere
Sai pur ch’io non son putto come vedi.
Ond’egli
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