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Transcription by User:Stefan_Feichtinger
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[p. 1] CAPITOLO
DI M. MERCVRIO
SPETIOLI DA FERMO,
Nel quale si mostra il modo di saper bene
Schermire, & Caualcare.
All’ Illustriß.mo et Eccellentiß.mo S.GIACOBO
BONCAMPAGNO Marchese di
Vignola, et Generale
Gouernatore di
S.Chiesa.
IN BOLOGNA.
Per Giouanni Rossi MDLXXVII.
Con licentia de’ Superiori.
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[p. 2] ILLUSTRISS. ET ECCELLENTISS.
Signore, & Padron mio sempre
Colendissimo.
ESSENDO io in Perugia già dui anni sono, doue era
anco M. Mercurio Spetiolo F. M. mio amicissimo
egli compose il seguente Capitolo, del modo di
Schermire, & Caualcare, & auanti ch’io mi partissi
di là hauendolo à pena finito, mi fauorì di darmene
copia; hora essendo piaciuto à N. S. Dio chiamarlo à
sè hò giudicato ben fatto di publicare al mondo
questa sua fatica, si per benefitio di chi si diletta di
tali Virtù, si anco per mantener viuo in quella parte
che posso il nome di cosi Virtuoso, & caro amico. Et
perche egli da quel tempo in quà è vissuto al seruitio
di V. S. Illustriss. & Eccellentis. esercitando le
sudette Virtù à lei m’è parso conueniente il
presentarlo, & con questa occasione farle anco dono
di me stesso, assicurandomi che si come il mare
amplissimo d’acque non sisdegna accettar nel suo
seno ogni Fiumicello per piccolo che sia, cosi lei nõ
sdegnarà me per suo humiliss. Seruo ne hauerà
discaro ch’io riuerente ammiri, & osserui le tante, &
supreme Virtù, & doni di che l’hà ornata il Cielo,
con che cõ ogni riuerenza le bascio le mani,
pregando N. S. Dio che le conceda ogni felicità.
Di V. S. Illustriss. & Eccellentiss.
Humiliss. Ser.
Pietr’Antonio Cattaldi.
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[p. 3] C A P I T O L O
DI SCHERMIRE, ET CAVALCARE.
SIGNOR mio car la subita partita,
Ch’hauete fatta qui da San Marino;
Hà tutta trauagliata la mia vita.
Tal ch’io rimaso son qual pouerino,
Che per l’amor di Dio và domandando,
A questa Porta, e à quella il Pane, e’l Vino.
Donde col mio pensier tanto girando
Son capitato al Fonte d’Helicona.
Doue le Muse al fin m’han tolto il brando.
E ciascuna m’ha preso per la chioma,
Et detto m’hanno ci voglian chiarire
Se la tua arte d’arme è trista, ò buona:
Non sperar mai di qui poter partire,
Se prima non ci fai chiaro, et aperto,
In che consista l’arte del Scrimire;
Ma se ciò tu farai, noi à te per merto
Ti concediam, che poßi à spasso andare
Per ogni nostro luogo, ò in piano, ò in erto;
Senza Gabella alcuna mai pagare,
E vogliam ch’ogni cosa che dirai:
Non l’habbia alcun de nostri à sindicare.
A 2 A tal
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[p. 4] A tal che ‘tra me stesso guidicai
Che meglio era per mè d’ vscir d’impaccio
Ond’in cotal parole incominciai
Muse gentil poi che in ciò vi compiaccio
Sedete qui d’intorno in queste’herbette
Mentre io da Marte il fauor mi procaccio
Pregate anco voi Apollo ch’interdette
Non mi sian le parol potere vsare
Come verran, ò sian turbide, ò nette
Quel ch’io vo dire,ogn’vn habbia à notare,
Che questo d’arme nobile esercitio,
Sol per due cose al mondo si dee fare;
Una sia per honor, et non vitio,
Per vtil l’altra, dal prima deriua
La gloria, et l’altra à ogn’vn fà più seruitio.
Questo da prima, ch’in Roma fioriua,
Mestier di guerra, ch’ognuno imparaua
Quel ch’ad buon soldato conueniua.
Offender, et difender lo chiamaua,
Ma l’vn far senza l’altro non è buono;
Però chi più lo fea più dominaua.
Hora per imparar queste, che sono
Di tanto giouamento, si richiede
Quattro cose, ma pria che’l cuor sia buono
Iudicio, buon occhio, man, et buon piede,
Et far che l’occhio al giuditio obedisca,
La man pò all’occhio, et alla man po' il piede:
Cosi
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[p. 5] Cosi facendo, non fia chi fallisca,
Et non fallendo, non potrà giamai
Dar tempo al suo nemico, che’l ferisca.
Hora di tutte l’arme intenderai,
La sustantia con che si suol ferire
Cioè taglio, falso, e punta, se nol sai.
Il taglio esser la parte si suol dire
De l’armi che sta volta verso i nodi
Del mezzo delle dita à non mentire.
Il falso è quella parte, che in più modi
In vano si ferisce, et stà riposta
Tra’l police, e tra l’indice più sodi.
La punta sempre in cima stà nascosta
Con che l’huomo dee far solo l’offesa
O sia la vita appreßo, ò sia discosta.
Col taglio, e il falso si fa la difesa,
Col taglio dalle parti più soprane,
Col falso quando fan le botte scesa.
E per non dir qualche parole vane
Solo in dui lati si potrà ferire
Di dritto, e di rouerso d’ambe mane.
Eßer di dritto quello si dee dire
Che suol principiar dal destro lato
Di chi lo fà non importa il finire.
Il ferir di rouerso muta stato
Principiando sempre da man manca
Di chi lo fa, ma tante d’ogni lato.
Botte
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[p. 6] Botte si fan, che di nulla non manca
Con punta, taglio, et con il falso ancora
Con la man destra, ò sia con la man manca.
Il di dritto ferir vò dirui hor hora
Offender anco di dentro si chiama
Quel di rouerso l’offender di fuora.
Hor do principio all’honorata trama
Dicendo che col taglio si pon fare
Dodici botte, et che queste si chiama.
Man dritto, sbiaßio, et dee principiare
Dell’auuersario nella spalla stanca
Et al ginocchio dritto terminare
Man dritto tondo pur dalla man manca
Và del nimico, et finisce alla dritta
Spalla di quello; vn’altro ce ne manca
Dritto fendente, che vien da man dritta
Per mezzo della testa, et tra li piedi
Dello nemico vien per linea dritta.
Montan di dritto sbiaßio nascer vedi
Dell’auuersario dal ginocchio stanco
Montando poi la parte dritta fiede
Vn’altro ve n’è poi che si dice anco
Montan dritto fendente, qual si fa
Pur da man destra, et l’vno et l’altro fianco,
Da i piè venendo alla testa sen, và
Poi il tramazzon di dritto si suol fare
Attendete hora qui come si fa
Di man
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[p. 7] Di man dritto fendente suol calare
Verso la terra, et poi di falso in su
Di rouerso di sbiascio, et poi à mancare.
Vien di rouerso sbiascio verso in giù
Mirate ben perche quest’è migliore
Dell’altre botte, et anco è vtil più.
Hor vò veder se ponto mi da il cuore
Di dir l’altre sei botte di riuerso
Che dal contrario vien dentro, il di fuore
Et si fa pur di sbiaßio vno rouerso
Che dalla dritta spalla del nemico
Principia, et và verso il ginocchio aduerso.
Si fa vn rouerso tondo il qual vi dico
Che da man dritta suol principiare
Terminando à man manca, et poi ridico
Che chi il rouerso fendente vuol fare,
Per mezzo della testa al dritto stile;
Ma pur di fuor conuien principiare,
Se non che l’vno, e l’altro del simile
Terrian nel far, ne differenza alcuna
Saria tra lor, fan moto consimile.
Montan rouerso sbiaßio vien da l’vna
Delle dritte ginocchia del contrario
Salendo à parte stanca in ver la Luna.
Montan fendente di fuor poco, e vario:
Perche comincia baßo, et poi và dritto,
Per mezz’il viso del contr’aduersario
Il
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[p. 8] Il tramazzon riuerso se ben scritto
Et fatto meglio poi sarà con l’arte
Col tempo l’un, e l’altro fan profitto.
Col taglio retto calasi alla parte
Vicina al piede, et poi di falso dritto
Sbiassio si monta, alla pur dritta parte
Facendo anco di sbiassio il suo man dritto
E perche questi ancor siano migliori
Voltisi il pugno, et lo braccio stia fitto.
Con questi si di dentro, et si di fuori
Se ne piglia il vantaggio dal qual poi
eNe vien gran frutti, se questi son fiori.
Dunque sonore Muse pare à voi.
Ch’habbiamo satisfatto alla proposta
Che dal principio fù già fatta a noi.
Et che gir ne possiamo à nostra posta
A ritrouar colei dal ner vestito
Qual tanto tempo ci è stata discosta
Calliopè posesi alla bocca il dito
Et diße poi à Tersicore, e à Thalia
O sian burlate, ò costui è stordito
Non si ricorda nella nella diceria
Fattaci’pria hauerci nominate
Il taglio, e’l falso con la punta ria.
Ond’io perdon chiedendo ingenochiato
Dißi che questo procedea da Amore
Che sol pensando in lui m’era scordato:
Et
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[p. 9] Et volendo allegar per autore
Della sacra scrittura quel bel paßo
Che mal si serue à piu d’vno Signore;
Dissero in bisbiglio con tuon baßo
Perdoniamo à costui con patto tale
Ch’egli ritorni al derelitto paßo,
Et che per penitenza di tal male
Creanza vsata, con gran giuramento
Lo facciamo obbligar in modo tale;
Che per l’adietro egli ogni auuertimento
Che sia importante in questa nobil arte
Farci in verso palese sia contento.
Tal ch’io piangendo trattomi da parte
Ne sapendo rimedio alcun pigliare
Sol mi ricomandauo allo Dio Marte.
Pregandol che mi fesse perdonare
(Promettendo per me) l’error commeßo
Che quanto à lor piacea volea oßeruare
Ond’egli vscito da quel cauo fesso
Della fucina del fabro Vulcano
Venere hauendo, et Cupido con esso.
Tutti tre mi pigliarono per mano
Et mi condußer doue eran le Muse
Al dolce mormorio suaue, et piano.
Allegando per me debite scuse
Venere bella, et suo figliuol Cupido
Restanodo tutte intente a bocche chiuse
B Dicen-
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[p. 10] Dicendo questo è quel seruo sì fido Del caro amante mio qual già molt’anni
L’hà seguitato per monte, et per lido.
Et s’io col mio figliuolo i primi vanni
Non li tarpauo già saria salito
Per l’opre sue vicino à gl’alti scanni.
Per le cui questo fatto tanto ardito
Voluto hà contrastar con mio figliolo
Per cinque lustri, e il sesto non finito.
Oprando l’arte di difesa solo
In tempo tal, et si saria difeso
Ancor di più, ond’io sdegnata il volo.
Feci drizzar à i dolci cigni, et teso
Ch’io gl’hebbi de capelli vn laccio carco
Mi ritirai, et viddi star sospeso
Cupido in man tenendo i Strali, e l’Arco
Fingendo di ferirlo hor alto, hor baßo
Hor dentro, hor fuor, ne mai trouaua il varco.
Perche costui s’era fermo con paßo
Non longo, o largo, et solo intento staua
Di non errar, et s’enpigliaua [s]passo.
Hor mentre il mio figliuol tondo il giraua
Et questo sol girando vn de suoi piedi
Diede nel laccio che nascosto staua.
E inuiluppato cadde, et io ti credi
Li dissi di poter meco contendere
Sai pur ch’io non son putto come vedi.
Ond’egli
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[p. 11] Ond’egli diße hor à te voglio cedere
Et al tuo sesso, ma non à tuo figlio
Ne meno à quelli che son del suo genere.
Cupido all’hor li volea dar di piglio
Et io li dißi non che è mio prigione,
Et cosi lo cauai d’vn tal periglio.
Onde di poi per tal occasione
Costui diuotamente m’hà seruito
Ponendo l’arte sua in obliuione.
Dunque Muse mie care s’hà fallito
Per questa volta vò gli perdoniate,
Et tanto più perch’egli n’è pentito.
Fatel vi prego, fatel se mi amate
Ch’io lo riceuerò per gran fauore
Et ne terrò memoria alle giornate.
Voglio che li facciate anco vn fauore
Che monti sopra il Pegaso Cauallo
Che far quest’arte ancor li dona il core.
Et vi aßicuro che non farà fallo
Sotto di lui che à tempo nol correga
Et poi l’aiuterà col suo interuallo.
Et in tal modo fatta fù la trega
Tra lui, e le Muse, et d’vn salto leggiero
Montò sopra il Caual che non si piega.
Ma pria vols veder come è douero
Se staua la sua briglia al proprio loco
Et se le cigne feano il suo douero.
B 2 Marte
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[p. 12] Marte che volontier mira tal gioco
Gli mise di sua man gl’acuti sproni
Fatti, e temprati di Vulcano al foco,
Quai donati gli hauea perfetti, e buoni
Sua dolce amante, ch’al zoppo marito
Li hauea rubbati mentre facea i tuoni.
Cosi costui vedendosi fornito
Di ciò li fea mestier, ch’ancor Cupido
Per verga d’vn suo stral l’hauea seruito
Al cenno di colei che in Papho, e in Gnido
Era adorata, ch’ei sempre in eterno
L’hauria tenuto suo nemico infido
In ciò concorse anco il voler superno
Hauendo il nome d’vn suo figlio anch’esso
Et così questi due la pace ferno.
La qual poi fatta eßendosi d’appreßo
Ridutti in vn le Muse con li Dei
Dal lato destro in vn luogo rimeßo
All’hor Vener li disse hora se sei
Qual hò detto à costor facendo quanto
Dando principio à quel che tu far dei
Ond’ei per vbidir hauendo in tanto
Accomodate staffe, et i vestimenti
Si moße con l’andar suaue tanto.
Poi con passi eleuati, e più eminenti
Con un trotto disciolto, e con gagliardo
Galoppo, e al correr dietro laßa i venti.
Indi
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[p. 13] Indi con salti fa vedere vn Pardo
Iusti agruppati, con i calci, ò senza
Facendolo parar leggiero ò tardo.
Et indi poi ch’à maneggiar comenza
Presto, et sicuro all’vna, et l’altra parte
Hor con la volta intiera, hor con la menza
Hor contra tempo, hor con tempo comparte.
Il mezo tempo, e à tempo le pesate
Con Capriol che ne stupisce Marte.
Et se tal volta fuor delle pedate
Per sorte scappa subito corretto
Iusto ne vien da contro speronate
[right edge: Le sei cosesono.
mano, voce, briglia, staffe, polpa, e speroni.]
Tal che l’animal docile è costretto
Sentendo anco l’aiuto della mano
Et d’altri cinque à giocar destro, e netto
Hor lo fa gir da vn lato con la mano
Destra se˜pre alta, et col sinistro sprone
A tempo il batte sino al cambiar mano.
Quale al sentir dello destro sprone
Subito vien ad alzar la man stanca
Verso doue si volta vdite come.
Inanzi indietro, à man dritta, à man manca
Lo fa si giusto andar piano, ò veloce
Hor basso, hor alto, che nulla le manca.
Poi si dispicca, et con voce più atroce
Lo fa leuar in aria à vn passo e vn salto
Con calci, ò senza ond’ei par più feroce.
Indi
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[p. 14] Indi al galoppo lo fa gir pur alto
In giro tal dall’vna, et l’altra mano
Che lo fa rodoppiar di passo, et salto
Poi lo riduce cosi giusto, e piano
Che lo fa radoppiar, hor terra terra
Hor basso, hor alto à l’vna, e l’altra mano.
Ne pensate però che costui erra
In castigo, in aiuto, e à tempo ancora
Li fa carezze, et lo tien fermo in terra
Per farli racquistar tutte in vn hora
Le forze perse pel continuo moto
Li leua di sua mano il sudor fora.
Hora parendo à tutti eßerli noto
Il di costui valor lieti, e contenti
Li feron cenno ch’ei fermaße il moto.
Indi poi al mormorio con dolci accenti
Tutti tornaron verso la fontana
E al di costui smontar stauano intenti.
Quale arriuato con voce soprana
Diße; Signori, io son quel pouerello
Che sperso capitai à sta fontana.
Non più risposer tutti, tu sei quello
Ti cognosciamo tutte ad vna ad vna
E te accettiam per figlio, e per fratello.
E faremo per te fede ciascuna
A chi si sia, che lo voglia sapere,
Ch’vn’altro te non è sotto la luna.
Per-
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[p. 15] Perche ambe due quest’arte poßedere
Ad altro fino à qui non habbiam visto
Et non crediam che si possa vedere.
Ma in vero tu ne fai si poco acquisto
Et si poco le stimi, e ne fai parte
Tanto ad vn buono, quanto che ad vn tristo.
Et perche tu non le insegni con arte
Come fan gl’altri, fingendo tal volta
Et bene speßo, non voglion pagarte.
Et cosi di arricchir la via t’è tolta,
Et sempre restarai vn poueretto
Vedi tua forza hormai ch’indietro è volta.
Rispose egli; cognosco con effetto
Eßer la verità più che non dite
E in ciò d’hauer il torto io mi rimetto.
Et dico per fuggir querele, e lite
Che sempre questa professione hò fatto
Di non prezzar ne Oro, ne Margarite.
E cosi liber son vissuto à fatto,
E tal spero morir, ne sono auaro,
Et godo di giocare à scacco matto
Più ch’altro gioco, et ho più presto à caro.
Di far seruitio ad altri, che riceuerlo,
Se bene speßo alle mie spese imparo.
Et se ben ciò par forte ad altri crederlo
A me poco m’importa chi m’el creda,
Et se piace ad alcuno io vò tacerlo;
Basta
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[p. 16] Bastami sol che in cortesia non ceda
Ad alcun se ben cedo di ricchezza
A tanti, e tanti, et so d’onde proceda.
Lo vò pur dir chi la virtù non prezza
Meno la paga, et chi la stima poi
La vende non, ma dà per gentilezza.
Et di qui vien che molti tra di noi
Poco ne impara, et ci consuma gl’anni
E li danari, et se ne penton poi
Dunque Cupido rendimi i miei vanni
Accio possa io salir con l’opra
Doue occupan color sublimi scanni.
Et tu madre d’Amor Venere pia
Poi che son tuo prigion libero fammi
O fà men cruda la Padrona mia.
O tu del quinto Ciel tal forza dammi
Che senza vanni, et senz’altra padrona
Quieti meni al fin miei deboli anni,
Ne ti pensar giamai ch’io t’abbandona
Se ben debil à piè seguir non posso
Et men non hò chi Caualli mi dona.
Non mai sarò si vil d’animo, et scosso
Che con la mente sempre io non procura
Di farti far quanto più honore posso
Et se ben altri mie virtù non cura
Et io curerò men li lor denari
Et pur viurommi con mia sorte dura
Fammi
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[p. 17] Fammi gratia Signor che quei che auari
Saran verso di mè se ben li insegno
Con tanta pura fè, che meno impari,
Vemp’è hormai di ridur mio scorso legno
Nel port, et di tramar l’ordita tela
Hauendo data la mia fè per pegno.
Acciò falso io non paia con la vela
Gonfia di falsi vengo à riparlare
Poi che non vi è più cosa che mel cela.
Dunque Muse vi hauete à ricordare
Ch’io interlaßando le botte di falso
Falso tutte m’hauete à dimandare
Dirouui dunque le botte di falso
Eßer dodici pur come di taglio
Qual è il contrario del suo proprio falso.
Fate così tutt’elle che di taglio
Principiando van sino al lor fine
Tornando indietro fian falso, è non taglio.
Chi meglio intender vuol l’orecchie inchine
Ch’io lo voglio mostrar piû chiaro, e aperto
Che son come la rosa in su le spine
Che dal man dritto sbiaßio con effetto
Deriua il falso di rouerso sbiaßio
Tornando per sua strada quest’è certo
Et parimente dal riuerso sbiaßio
Tornando pur per la medesma via
Ne vien ancor di dritto vn falso sbiaßio
C Et
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[p. 18] Et per non farui lunga diceria
Col pugno fermo doue cala monta,
Et doue monta cala al loco pria
Hor mi resta il ferir sol di ponta
Ch’anch’egli dodici esser fia contato
Che in dui sol modi par che si raffronta
Col pugno chiuso, ò fermo, ò ver voltato
In dentro, in fuori, et trè s’en fan di dritto
Trè altre di rouerso al mio dettato
Vna da alto à basso, et gran profitto
Par ch’essa faccia, ma non riesce à ogn’vno
Io l’hò prouato, et però qui l’hò scritto
L’altra à mezz’aer vien vso communo
L’altra ne vien da basso in alto, et pare
Et è più presta, è commoda à ciascuno
Altre trè di rouerso si puon fare
Et l’vne, et l’altre di dentro, e di fuora
Ferme, et voltate à dodici arriuare.
Et di mia cortesia vò dirui ancora
Che sono botte trentasei com’odo
Con taglio, et falso, et con punta che fora.
Ne se ne posson fare in altro modo
Che non sian le medesime ch’hò detto
Se non voglion cacciar carote, à frodo.
Hora veniam vn poco più al ristretto
Dicendo qualche buono auertimento
Donde l’vtil si caua con effetto.
Dando
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[p. 19] Dando principio con buon fondamento
Dico che quella botta è la megliore
Ch’è più commoda e presta, ò che argumento
Che soluer con ragion nullo autore
Mai la potrà; perche è cosi in effetto
Dunque tientelo à mente ò buon lettore.
Appresso questo vò, che sappi certo
Che dua son gl’auantaggi, che natura
Dona à ciascun, ma non già per suo merto.
Vn esser grande, et forte; al cui più cura,
Et più stimar si deue al mio parere
Perche col star di sopra più si dura,
Et anco questo fia commun parere
Che d’arme sola l’auantaggio sia
Di star di sopra, et quando anco si fere.
Ma d’arme accompagnate meglio fia
Lo star di sotto perche quella spada
Più presto del ferir troua la via
Non però à nullo nell’animo cada
Che solo basti hauer questi auantaggi
Dalla natura che senz’arte es nada
E in ciò quest’arte è tenuta da i saggi
Che sol sia il tempo, et questo tempo è solo
L’offender, et schifar li suoi disaggi
In questo l’huom si dee leuar à volo
Quanto più puote in alto col giuditio
Ne mai far altro essendo questo solo
C 2 Da
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[p. 20] Da cui l’honor, et l’vtil hà l’initio
Essendo il resto vanità del mondo
Cioè guardie, e botte far senza giuditio.
Hora vi dico con parlar giocondo
Lasciate queste, e al tempo ritornate
Che di quest’arte vi può far fecondo.
E se tale essercitio punto amate
Mirate attentamente à i quattro errori
Che si fan dalle gente alle giornate
In alto, in basso son dentro, et di fuori
Come parmi di sopra hauer narrato
Ne in altro inuiluppate i vostri cuori,
S’il tempo d’alto in basso vi sia dato
Da alto tu lo douerai ferire
Se di basso alto, basso sia tarpato’.
Quando vn dentro di fuor vedrai venire
Falli di dentro la più presta offesa
Se di fuor dentro, fuor l’habbi à impedire
S’il vantaggio tu cerchi della presa
S’il nemico ti porge il destro lato
Valli adoßo col manco, et fia sospesa
La spada sua di sopra, et trauersato
Col manco piede tuo fia suo piè dritto
E’l arme tua in disotto, e al suo costato
[right edge: costato, o il fianco
destro del nemico.]
Hauendo prima con la manca dato
Di piglio à gl’elzi della spada sua
Acciò di tempo non si sia mutato
Et se
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[p. 21] E se per caso fesse vn passo, ò dua
In dietro, non mancar di seguitarlo
Acciò pur resti nè vantaggi tua.
Et se vorrai se ti gira fermarlo
Se va à man stanca, et tu sempre à man dritta,
E per contrario và sempre à incontrarlo
Quando si offende dalla parte dritta
Dentro si dice, all’hor vantaggio fia
A chi più alto hà il pugno, et chi ha deritta
La parte sua del taglio, et sopra stia
Voltata verso della punta aduersa
Ma che la punta alla sua spalla stia.
Quando di fuor l’offesa sia rouersa
L’avantaggio sarà il pugno più basso
Col detto modo, et non fia spesa persa.
Stiasi auertito nel mutar il paßo
O l’vno, ò l’altro à l’innanzi, ò à l’indietro
Ch’in dentro, ò in fuori si puo far fracaßo.
Se arriui, ò non quest’è vn bel secreto
Ch’importa aßai per non tirar in in vano,
S’arriui mena, et stà col paßo cheto.
Pon cura ancora al volger della mano
A tutti quattro i sopradeti modi,
E al steso braccio non fia il tempo in vano.
Queste son verità, non sono frodi;
Perche le frodi son come le finte
Che nuocono, e non giouano come odi
Et se
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[p. 22] Et se darai alle tue botte spinte
Di taglio, falso, ò ponta, et sia di dritto
Alta la stanca al viso che stia in te,
Se di riuerso fia il colpo prescritto.
Fa che distesa sia la tua man manca
Verso il nemico à cui fia gran dispitto
Quest’anco oßeruarai s’in la man stanca
Terrete altre armi da difesa, ò offesa
Perche l’habito buon cresce, e non manca
Et chi volesse ancor pigliar contesa
Con vn Mancino, fuor deue star sempre
Sopra con l’armi tue che è buona spesa.
Ma vno poi che non voleße sempre
Star aspettando, che si facci errore
Deue mutando voglie mutar tempre
Deue auertir se fa con vn ch’hà core,
S’è vile, ò sà, ò non sà così proceda
Cauto, e reprima, et soffra il suo valore.
Et stia alla lerta, quando che si veda
Menar con furia, et ben presto la mano
Fermo con la difesa, ò che li ceda
Sempre col suo auantaggio, et se lontano
Sempre all’indietro andaße, ouer da vn lato
Et tu lo segui sempre destro, e piano.
Sin tanto ch’vna volta fia incappato
In vno delli error fatti d’appreßo
Con taglio falso, ò punta li haurai dato.
Et
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[p. 23] Et se si ferma poi, et si fia meßo
O alto, ò baßo in modo strauagante
Non ti smarrir, che tel vò dire adeßo.
Proceder non si deue come auante
Che si chiama di tempo volontario
Detto da presi error che li fa innante.
Procederai di tempo neceßario
Qual con giuditio aßai molto maturo
Fà far per forza errore all’auuersario
Proceder d’esto tempo è più securo
Se bene è più difficile in effetto
Che star bisogna patiente, e duro.
E tentar il nemico circunspetto
Da tutti i lati, et se l’offesa prima
Fai, alla difesa subito t’aspetto
In questo tempo si fa molta stima
Del dritto, e del rouerso stramazzone
Per pigliar gl’auantaggi detti in prima
Bisogna anco che sappi con ragione
Qual sia la parte forte della spada
Et qual la fiacca sia per paragone
Te lo vò dir per non tenerti à bada
Dal mezzo in ver la punta il debil fia,
Più verso il pugno il forte par che vada;
E se vuoi fare alla mia fantasia
Nelle offese, et difese che farai
Fa che col forte sempre fatte sia
E co-
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[p. 24] E cosi stando accorto non potrai
Se non far bene, et habbi patienza
Se d’esto tempo proceder vorrai.
Hora Signori miei in conscienza,
Dite vi par ch’io habbi sodisfatto
Et s’è tal cosa datemi licenza.
Ch’io son spettato, e in segno tutti à vn tratto
Fate con le man cenno, et plaudete
Ch’anch’io n’andrò contento, et satisfatto
A ritrouar colei che voi sapete.
IL FINE.
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