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[1] CAPITOLO DI SCHERMIRE, ET CAVALCARE.
SIGNOR mio car la subita partita, Ch’hauete fatta qui da San Marino; Hà tutta trauagliata la mia vita. Tal ch’io rimaso son qual pouerino, Che per l’amor di Dio và domandando, A questa Porta, e à quella il Pane, e’l Vino. Donde col mio pensier tanto girando Son capitato al Fonte d’Helicona. Doue le Muse al fin m’han tolto il brando. E ciascuna m’ha preso per la chioma, Et detto m’hanno ci voglian chiarire Se la tua arte d’arme è trista, ò buona: Non sperar mai di qui poter partire, Se prima non ci fai chiaro, et aperto, In che consista l’arte del Scrimire; Ma se ciò tu farai, noi à te per merto Ti concediam, che poßi à spasso andare Per ogni nostro luogo, ò in piano, ò in erto; Senza Gabella alcuna mai pagare, E vogliam ch’ogni cosa che dirai: Non l’habbia alcun de nostri à sindicare. [2] A tal che ‘tra me stesso guidicai Che meglio era per mè d’ vscir d’impaccio Ond’in cotal parole incominciai Muse gentil poi che in ciò vi compiaccio Sedete qui d’intorno in queste’herbette Mentre io da Marte il fauor mi procaccio Pregate anco voi Apollo ch’interdette Non mi sian le parol potere vsare Come verran, ò sian turbide, ò nette Quel ch’io vo dire,ogn’vn habbia à notare, Che questo d’arme nobile esercitio, Sol per due cose al mondo si dee fare; Una sia per honor, et non vitio, Per vtil l’altra, dal prima deriua La gloria, et l’altra à ogn’vn fà più seruitio. Questo da prima, ch’in Roma fioriua, Mestier di guerra, ch’ognuno imparaua Quel ch’ad buon soldato conueniua. Offender, et difender lo chiamaua, Ma l’vn far senza l’altro non è buono; Però chi più lo fea più dominaua. Hora per imparar queste, che sono Di tanto giouamento, si richiede Quattro cose, ma pria che’l cuor sia buono Iudicio, buon occhio, man, et buon piede, Et far che l’occhio al giuditio obedisca, La man pò all’occhio, et alla man po' il piede: [3] Cosi facendo, non fia chi fallisca, Et non fallendo, non potrà giamai Dar tempo al suo nemico, che’l ferisca. Hora di tutte l’arme intenderai, La sustantia con che si suol ferire Cioè taglio, falso, e punta, se nol sai. Il taglio esser la parte si suol dire De l’armi che sta volta verso i nodi Del mezzo delle dita à non mentire. Il falso è quella parte, che in più modi In vano si ferisce, et stà riposta Tra’l police, e tra l’indice più sodi. La punta sempre in cima stà nascosta Con che l’huomo dee far solo l’offesa O sia la vita appreßo, ò sia discosta. Col taglio, e il falso si fa la difesa, Col taglio dalle parti più soprane, Col falso quando fan le botte scesa. E per non dir qualche parole vane Solo in dui lati si potrà ferire Di dritto, e di rouerso d’ambe mane. Eßer di dritto quello si dee dire Che suol principiar dal destro lato Di chi lo fà non importa il finire. Il ferir di rouerso muta stato Principiando sempre da man manca Di chi lo fa, ma tante d’ogni lato. [4] Botte si fan, che di nulla non manca Con punta, taglio, et con il falso ancora Con la man destra, ò sia con la man manca. Il di dritto ferir vò dirui hor hora Offender anco di dentro si chiama Quel di rouerso l’offender di fuora. Hor do principio all’honorata trama Dicendo che col taglio si pon fare Dodici botte, et che queste si chiama. Man dritto, sbiaßio, et dee principiare Dell’auuersario nella spalla stanca Et al ginocchio dritto terminare Man dritto tondo pur dalla man manca Và del nimico, et finisce alla dritta Spalla di quello; vn’altro ce ne manca Dritto fendente, che vien da man dritta Per mezzo della testa, et tra li piedi Dello nemico vien per linea dritta. Montan di dritto sbiaßio nascer vedi Dell’auuersario dal ginocchio stanco Montando poi la parte dritta fiede Vn’altro ve n’è poi che si dice anco Montan dritto fendente, qual si fa Pur da man destra, et l’vno et l’altro fianco, Da i piè venendo alla testa sen, và Poi il tramazzon di dritto si suol fare Attendete hora qui come si fa [5] Di man dritto fendente suol calare Verso la terra, et poi di falso in su Di rouerso di sbiascio, et poi à mancare. Vien di rouerso sbiascio verso in giù Mirate ben perche quest’è migliore Dell’altre botte, et anco è vtil più. Hor vò veder se ponto mi da il cuore Di dir l’altre sei botte di riuerso Che dal contrario vien dentro, il di fuore Et si fa pur di sbiaßio vno rouerso Che dalla dritta spalla del nemico Principia, et và verso il ginocchio aduerso. Si fa vn rouerso tondo il qual vi dico Che da man dritta suol principiare Terminando à man manca, et poi ridico Che chi il rouerso fendente vuol fare, Per mezzo della testa al dritto stile; Ma pur di fuor conuien principiare, Se non che l’vno, e l’altro del simile Terrian nel far, ne differenza alcuna Saria tra lor, fan moto consimile. Montan rouerso sbiaßio vien da l’vna Delle dritte ginocchia del contrario Salendo à parte stanca in ver la Luna. Montan fendente di fuor poco, e vario: Perche comincia baßo, et poi và dritto, Per mezz’il viso del contr’aduersario [6] Il tramazzon riuerso se ben scritto Et fatto meglio poi sarà con l’arte Col tempo l’un, e l’altro fan profitto. Col taglio retto calasi alla parte Vicina al piede, et poi di falso dritto Sbiassio si monta, alla pur dritta parte Facendo anco di sbiassio il suo man dritto E perche questi ancor siano migliori Voltisi il pugno, et lo braccio stia fitto. Con questi si di dentro, et si di fuori Se ne piglia il vantaggio dal qual poi Ne vien gran frutti, se questi son fiori. Dunque sonore Muse pare à voi. Ch’habbiamo satisfatto alla proposta Che dal principio fù già fatta a noi. Et che gir ne possiamo à nostra posta A ritrouar colei dal ner vestito Qual tanto tempo ci è stata discosta Calliopè posesi alla bocca il dito Et diße poi à Tersicore, e à Thalia O sian burlate, ò costui è stordito Non si ricorda nella nella diceria Fattaci’pria hauerci nominate Il taglio, e’l falso con la punta ria. Ond’io perdon chiedendo ingenochiato Dißi che questo procedea da Amore Che sol pensando in lui m’era scordato: [7] Et volendo allegar per autore Della sacra scrittura quel bel paßo Che mal si serue à piu d’vno Signore; Dissero in bisbiglio con tuon baßo Perdoniamo à costui con patto tale Ch’egli ritorni al derelitto paßo, Et che per penitenza di tal male Creanza vsata, con gran giuramento Lo facciamo obbligar in modo tale; Che per l’adietro egli ogni auuertimento Che sia importante in questa nobil arte Farci in verso palese sia contento. Tal ch’io piangendo trattomi da parte Ne sapendo rimedio alcun pigliare Sol mi ricomandauo allo Dio Marte. Pregandol che mi fesse perdonare (Promettendo per me) l’error commeßo Che quanto à lor piacea volea oßeruare Ond’egli vscito da quel cauo fesso Della fucina del fabro Vulcano Venere hauendo, et Cupido con esso. Tutti tre mi pigliarono per mano Et mi condußer doue eran le Muse Al dolce mormorio suaue, et piano. Allegando per me debite scuse Venere bella, et suo figliuol Cupido Restanodo tutte intente a bocche chiuse [8] Dicendo questo è quel seruo sì fido Del caro amante mio qual già molt’anni L’hà seguitato per monte, et per lido. Et s’io col mio figliuolo i primi vanni Non li tarpauo già saria salito Per l’opre sue vicino à gl’alti scanni. Per le cui questo fatto tanto ardito Voluto hà contrastar con mio figliolo Per cinque lustri, e il sesto non finito. Oprando l’arte di difesa solo In tempo tal, et si saria difeso Ancor di più, ond’io sdegnata il volo. Feci drizzar à i dolci cigni, et teso Ch’io gl’hebbi de capelli vn laccio carco Mi ritirai, et viddi star sospeso Cupido in man tenendo i Strali, e l’Arco Fingendo di ferirlo hor alto, hor baßo Hor dentro, hor fuor, ne mai trouaua il varco. Perche costui s’era fermo con paßo Non longo, o largo, et solo intento staua Di non errar, et s’enpigliaua [s]passo. Hor mentre il mio figliuol tondo il giraua Et questo sol girando vn de suoi piedi Diede nel laccio che nascosto staua. E inuiluppato cadde, et io ti credi Li dissi di poter meco contendere Sai pur ch’io non son putto come vedi. [9] Ond’egli diße hor à te voglio cedere Et al tuo sesso, ma non à tuo figlio Ne meno à quelli che son del suo genere. Cupido all’hor li volea dar di piglio Et io li dißi non che è mio prigione, Et cosi lo cauai d’vn tal periglio. Onde di poi per tal occasione Costui diuotamente m’hà seruito Ponendo l’arte sua in obliuione. Dunque Muse mie care s’hà fallito Per questa volta vò gli perdoniate, Et tanto più perch’egli n’è pentito. Fatel vi prego, fatel se mi amate Ch’io lo riceuerò per gran fauore Et ne terrò memoria alle giornate. Voglio che li facciate anco vn fauore Che monti sopra il Pegaso Cauallo Che far quest’arte ancor li dona il core. Et vi aßicuro che non farà fallo Sotto di lui che à tempo nol correga Et poi l’aiuterà col suo interuallo. Et in tal modo fatta fù la trega Tra lui, e le Muse, et d’vn salto leggiero Montò sopra il Caual che non si piega. Ma pria vols veder come è douero Se staua la sua briglia al proprio loco Et se le cigne feano il suo douero. [10] Marte che volontier mira tal gioco Gli mise di sua man gl’acuti sproni Fatti, e temprati di Vulcano al foco, Quai donati gli hauea perfetti, e buoni Sua dolce amante, ch’al zoppo marito Li hauea rubbati mentre facea i tuoni. Cosi costui vedendosi fornito Di ciò li fea mestier, ch’ancor Cupido Per verga d’vn suo stral l’hauea seruito Al cenno di colei che in Papho, e in Gnido Era adorata, ch’ei sempre in eterno L’hauria tenuto suo nemico infido In ciò concorse anco il voler superno Hauendo il nome d’vn suo figlio anch’esso Et così questi due la pace ferno. La qual poi fatta eßendosi d’appreßo Ridutti in vn le Muse con li Dei Dal lato destro in vn luogo rimeßo All’hor Vener li disse hora se sei Qual hò detto à costor facendo quanto Dando principio à quel che tu far dei Ond’ei per vbidir hauendo in tanto Accomodate staffe, et i vestimenti Si moße con l’andar suaue tanto. Poi con passi eleuati, e più eminenti Con un trotto disciolto, e con gagliardo Galoppo, e al correr dietro laßa i venti. [11] Indi con salti fa vedere vn Pardo Iusti agruppati, con i calci, ò senza Facendolo parar leggiero ò tardo. Et indi poi ch’à maneggiar comenza Presto, et sicuro all’vna, et l’altra parte Hor con la volta intiera, hor con la menza Hor contra tempo, hor con tempo comparte. Il mezo tempo, e à tempo le pesate Con Capriol che ne stupisce Marte. Et se tal volta fuor delle pedate Per sorte scappa subito corretto Iusto ne vien da contro speronate
[Side note:Le sei cosesono. mano, voce, briglia, staffe, polpa, e speroni.]
Tal che l’animal docile è costretto Sentendo anco l’aiuto della mano Et d’altri cinque à giocar destro, e netto Hor lo fa gir da vn lato con la mano Destra se˜pre alta, et col sinistro sprone A tempo il batte sino al cambiar mano. Quale al sentir dello destro sprone Subito vien ad alzar la man stanca Verso doue si volta vdite come. Inanzi indietro, à man dritta, à man manca Lo fa si giusto andar piano, ò veloce Hor basso, hor alto, che nulla le manca. Poi si dispicca, et con voce più atroce Lo fa leuar in aria à vn passo e vn salto Con calci, ò senza ond’ei par più feroce. [12] Indi al galoppo lo fa gir pur alto In giro tal dall’vna, et l’altra mano Che lo fa rodoppiar di passo, et salto Poi lo riduce cosi giusto, e piano Che lo fa radoppiar, hor terra terra Hor basso, hor alto à l’vna, e l’altra mano. Ne pensate però che costui erra In castigo, in aiuto, e à tempo ancora Li fa carezze, et lo tien fermo in terra Per farli racquistar tutte in vn hora Le forze perse pel continuo moto Li leua di sua mano il sudor fora. Hora parendo à tutti eßerli noto Il di costui valor lieti, e contenti Li feron cenno ch’ei fermaße il moto. Indi poi al mormorio con dolci accenti Tutti tornaron verso la fontana E al di costui smontar stauano intenti. Quale arriuato con voce soprana Diße; Signori, io son quel pouerello Che sperso capitai à sta fontana. Non più risposer tutti, tu sei quello Ti cognosciamo tutte ad vna ad vna E te accettiam per figlio, e per fratello. E faremo per te fede ciascuna A chi si sia, che lo voglia sapere, Ch’vn’altro te non è sotto la luna. [13] Perche ambe due quest’arte poßedere Ad altro fino à qui non habbiam visto Et non crediam che si possa vedere. Ma in vero tu ne fai si poco acquisto Et si poco le stimi, e ne fai parte Tanto ad vn buono, quanto che ad vn tristo. Et perche tu non le insegni con arte Come fan gl’altri, fingendo tal volta Et bene speßo, non voglion pagarte. Et cosi di arricchir la via t’è tolta, Et sempre restarai vn poueretto Vedi tua forza hormai ch’indietro è volta. Rispose egli; cognosco con effetto Eßer la verità più che non dite E in ciò d’hauer il torto io mi rimetto. Et dico per fuggir querele, e lite Che sempre questa professione hò fatto Di non prezzar ne Oro, ne Margarite. E cosi liber son vissuto à fatto, E tal spero morir, ne sono auaro, Et godo di giocare à scacco matto Più ch’altro gioco, et ho più presto à caro. Di far seruitio ad altri, che riceuerlo, Se bene speßo alle mie spese imparo. Et se ben ciò par forte ad altri crederlo A me poco m’importa chi m’el creda, Et se piace ad alcuno io vò tacerlo; [14] Bastami sol che in cortesia non ceda Ad alcun se ben cedo di ricchezza A tanti, e tanti, et so d’onde proceda. Lo vò pur dir chi la virtù non prezza Meno la paga, et chi la stima poi La vende non, ma dà per gentilezza. Et di qui vien che molti tra di noi Poco ne impara, et ci consuma gl’anni E li danari, et se ne penton poi Dunque Cupido rendimi i miei vanni Accio possa io salir con l’opra Doue occupan color sublimi scanni. Et tu madre d’Amor Venere pia Poi che son tuo prigion libero fammi O fà men cruda la Padrona mia. O tu del quinto Ciel tal forza dammi Che senza vanni, et senz’altra padrona Quieti meni al fin miei deboli anni, Ne ti pensar giamai ch’io t’abbandona Se ben debil à piè seguir non posso Et men non hò chi Caualli mi dona. Non mai sarò si vil d’animo, et scosso Che con la mente sempre io non procura Di farti far quanto più honore posso Et se ben altri mie virtù non cura Et io curerò men li lor denari Et pur viurommi con mia sorte dura [15] Fammi gratia Signor che quei che auari Saran verso di mè se ben li insegno Con tanta pura fè, che meno impari, Vemp’è hormai di ridur mio scorso legno Nel port, et di tramar l’ordita tela Hauendo data la mia fè per pegno. Acciò falso io non paia con la vela Gonfia di falsi vengo à riparlare Poi che non vi è più cosa che mel cela. Dunque Muse vi hauete à ricordare Ch’io interlaßando le botte di falso Falso tutte m’hauete à dimandare Dirouui dunque le botte di falso Eßer dodici pur come di taglio Qual è il contrario del suo proprio falso. Fate così tutt’elle che di taglio Principiando van sino al lor fine Tornando indietro fian falso, è non taglio. Chi meglio intender vuol l’orecchie inchine Ch’io lo voglio mostrar piû chiaro, e aperto Che son come la rosa in su le spine Che dal man dritto sbiaßio con effetto Deriua il falso di rouerso sbiaßio Tornando per sua strada quest’è certo Et parimente dal riuerso sbiaßio Tornando pur per la medesma via Ne vien ancor di dritto vn falso sbiaßio [16] Et per non farui lunga diceria Col pugno fermo doue cala monta, Et doue monta cala al loco pria Hor mi resta il ferir sol di ponta Ch’anch’egli dodici esser fia contato Che in dui sol modi par che si raffronta Col pugno chiuso, ò fermo, ò ver voltato In dentro, in fuori, et trè s’en fan di dritto Trè altre di rouerso al mio dettato Vna da alto à basso, et gran profitto Par ch’essa faccia, ma non riesce à ogn’vno Io l’hò prouato, et però qui l’hò scritto L’altra à mezz’aer vien vso communo L’altra ne vien da basso in alto, et pare Et è più presta, è commoda à ciascuno Altre trè di rouerso si puon fare Et l’vne, et l’altre di dentro, e di fuora Ferme, et voltate à dodici arriuare. Et di mia cortesia vò dirui ancora Che sono botte trentasei com’odo Con taglio, et falso, et con punta che fora. Ne se ne posson fare in altro modo Che non sian le medesime ch’hò detto Se non voglion cacciar carote, à frodo. Hora veniam vn poco più al ristretto Dicendo qualche buono auertimento Donde l’vtil si caua con effetto. [17] Dando principio con buon fondamento Dico che quella botta è la megliore Ch’è più commoda e presta, ò che argumento Che soluer con ragion nullo autore Mai la potrà; perche è cosi in effetto Dunque tientelo à mente ò buon lettore. Appresso questo vò, che sappi certo Che dua son gl’auantaggi, che natura Dona à ciascun, ma non già per suo merto. Vn esser grande, et forte; al cui più cura, Et più stimar si deue al mio parere Perche col star di sopra più si dura, Et anco questo fia commun parere Che d’arme sola l’auantaggio sia Di star di sopra, et quando anco si fere. Ma d’arme accompagnate meglio fia Lo star di sotto perche quella spada Più presto del ferir troua la via Non però à nullo nell’animo cada Che solo basti hauer questi auantaggi Dalla natura che senz’arte es nada E in ciò quest’arte è tenuta da i saggi Che sol sia il tempo, et questo tempo è solo L’offender, et schifar li suoi disaggi In questo l’huom si dee leuar à volo Quanto più puote in alto col giuditio Ne mai far altro essendo questo solo [18] Da cui l’honor, et l’vtil hà l’initio Essendo il resto vanità del mondo Cioè guardie, e botte far senza giuditio. Hora vi dico con parlar giocondo Lasciate queste, e al tempo ritornate Che di quest’arte vi può far fecondo. E se tale essercitio punto amate Mirate attentamente à i quattro errori Che si fan dalle gente alle giornate In alto, in basso son dentro, et di fuori Come parmi di sopra hauer narrato Ne in altro inuiluppate i vostri cuori, S’il tempo d’alto in basso vi sia dato Da alto tu lo douerai ferire Se di basso alto, basso sia tarpato’. Quando vn dentro di fuor vedrai venire Falli di dentro la più presta offesa Se di fuor dentro, fuor l’habbi à impedire S’il vantaggio tu cerchi della presa S’il nemico ti porge il destro lato Valli adoßo col manco, et fia sospesa La spada sua di sopra, et trauersato Col manco piede tuo fia suo piè dritto E’l arme tua in disotto, e al suo costato
[Side note: costato, o il fianco destro del nemico.]
Hauendo prima con la manca dato Di piglio à gl’elzi della spada sua Acciò di tempo non si sia mutato [19] E se per caso fesse vn passo, ò dua In dietro, non mancar di seguitarlo Acciò pur resti nè vantaggi tua. Et se vorrai se ti gira fermarlo Se va à man stanca, et tu sempre à man dritta, E per contrario và sempre à incontrarlo Quando si offende dalla parte dritta Dentro si dice, all’hor vantaggio fia A chi più alto hà il pugno, et chi ha deritta La parte sua del taglio, et sopra stia Voltata verso della punta aduersa Ma che la punta alla sua spalla stia. Quando di fuor l’offesa sia rouersa L’avantaggio sarà il pugno più basso Col detto modo, et non fia spesa persa. Stiasi auertito nel mutar il paßo O l’vno, ò l’altro à l’innanzi, ò à l’indietro Ch’in dentro, ò in fuori si puo far fracaßo. Se arriui, ò non quest’è vn bel secreto Ch’importa aßai per non tirar in in vano, S’arriui mena, et stà col paßo cheto. Pon cura ancora al volger della mano A tutti quattro i sopradeti modi, E al steso braccio non fia il tempo in vano. Queste son verità, non sono frodi; Perche le frodi son come le finte Che nuocono, e non giouano come odi [20] Et se darai alle tue botte spinte Di taglio, falso, ò ponta, et sia di dritto Alta la stanca al viso che stia in te, Se di riuerso fia il colpo prescritto. Fa che distesa sia la tua man manca Verso il nemico à cui fia gran dispitto Quest’anco oßeruarai s’in la man stanca Terrete altre armi da difesa, ò offesa Perche l’habito buon cresce, e non manca Et chi volesse ancor pigliar contesa Con vn Mancino, fuor deue star sempre Sopra con l’armi tue che è buona spesa. Ma vno poi che non voleße sempre Star aspettando, che si facci errore Deue mutando voglie mutar tempre Deue auertir se fa con vn ch’hà core, S’è vile, ò sà, ò non sà così proceda Cauto, e reprima, et soffra il suo valore. Et stia alla lerta, quando che si veda Menar con furia, et ben presto la mano Fermo con la difesa, ò che li ceda Sempre col suo auantaggio, et se lontano Sempre all’indietro andaße, ouer da vn lato Et tu lo segui sempre destro, e piano. Sin tanto ch’vna volta fia incappato In vno delli error fatti d’appreßo Con taglio falso, ò punta li haurai dato. [21] Et se si ferma poi, et si fia meßo O alto, ò baßo in modo strauagante Non ti smarrir, che tel vò dire adeßo. Proceder non si deue come auante Che si chiama di tempo volontario Detto da presi error che li fa innante. Procederai di tempo neceßario Qual con giuditio aßai molto maturo Fà far per forza errore all’auuersario Proceder d’esto tempo è più securo Se bene è più difficile in effetto Che star bisogna patiente, e duro. E tentar il nemico circunspetto Da tutti i lati, et se l’offesa prima Fai, alla difesa subito t’aspetto In questo tempo si fa molta stima Del dritto, e del rouerso stramazzone Per pigliar gl’auantaggi detti in prima Bisogna anco che sappi con ragione Qual sia la parte forte della spada Et qual la fiacca sia per paragone Te lo vò dir per non tenerti à bada Dal mezzo in ver la punta il debil fia, Più verso il pugno il forte par che vada; E se vuoi fare alla mia fantasia Nelle offese, et difese che farai Fa che col forte sempre fatte sia [22] E cosi stando accorto non potrai Se non far bene, et habbi patienza Se d’esto tempo proceder vorrai. Hora Signori miei in conscienza, Dite vi par ch’io habbi sodisfatto Et s’è tal cosa datemi licenza. Ch’io son spettato, e in segno tutti à vn tratto Fate con le man cenno, et plaudete Ch’anch’io n’andrò contento, et satisfatto A ritrouar colei che voi sapete.
IL FINE.
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